L’intervento di protesi d’anca rappresenta una soluzione sempre più diffusa per contrastare diverse patologie invalidanti, come l’artrosi e l’artrite reumatoide, nonché eventuali fratture del collo del femore. Si tratta di condizioni che tendono a colpire prevalentemente le persone anziane, ma che in alcuni casi si possono riscontrare anche nei soggetti giovani.
Indipendentemente dall’età, il paziente, nella maggior parte dei casi, trae grande beneficio dall’intervento chirurgico, poiché permette di risolvere la sintomatologia dolorosa, di recuperare l’autonomia di movimento e di migliorare la qualità della vita. Ma che cosa prevede questo tipo di intervento e quando è indicato? Ce ne parla lo specialista dott. Carmine Naccari Carlizzi.
Le alterazioni a carico dell’anca: quali sono e cosa provocano
L’anca è una delle più grandi ed importanti articolazioni del corpo. Essa ha il compito di congiungere i femori delle gambe con il bacino pelvico. Di fatto, la testa del femore si inserisce nella sede dell’acetabolo (o cotile), una cavità a forma di coppa.
Il tutto risulta avvolto da tessuti legamentosi, assai resistenti, che permettono di rendere tale articolazione stabile. L’anca, come ci tiene a precisare il Dott. Naccari Carlizzi, specialista in Ortopedia e Medico dello Sport, dovendo sostenere il peso del corpo, è soggetta a continue sollecitazioni, che possono, a lungo andare, pregiudicarne il funzionamento. Infatti, si può verificare l’artrosi, che provoca intenso dolore, poiché determina l’irrigidimento dell’articolazione.
Si tratta di una patologia degenerativa che comporta danni irreversibili. Tuttavia, esiste anche la possibilità della necrosi dell’anca, che si manifesta quando il flusso di sangue che irrora la testa del femore diminuisce. In questo modo il tessuto cellulare muore, portando ad un collasso dell’articolazione, che non riesce più a sostenere il peso del corpo.
L’intervento di protesi d’anca: le tipologie
Quando l’anca subisce delle alterazioni, la prima misura terapeutica che viene consigliata è un trattamento conservativo, vale a dire riabilitazione, antidolorifici e fisioterapia. Tuttavia, quando l’entità del danno diventa notevole o di natura cronica, è necessario ricorrere all’intervento di protesi d’anca, che può prevedere la sostituzione totale (o artoprotesi) delle componenti articolari. In questo caso la durata dell’operazione è di circa 60 minuti.
In altre circostanze, invece, può essere necessaria la sostituzione parziale (o endoprotesi), che permette di preservare l’acetabolo. La durata è di appena 40 minuti. Ѐ possibile procedere anche con una protesi parziale, che prevede la conservazione del collo del femore. Questo tipo di intervento viene attuato esclusivamente in pazienti giovani e non affetti da osteoporosi. L’operazione più complessa è quella di revisione protesica, che richiede almeno 2 ore di tempo.
Protesi d’anca: scelta e durata
La protesi d’anca, come sottolinea il Dott. Naccari Carlizzi, è composta da materiali differenti. Infatti, lo stelo e la coppa sono realizzati con una lega metallica, mentre la testa e l’inserto possono essere in metallo, in ceramica o in polietilene. Ovviamente, la scelta dei materiali incide sulla durata della protesi. Ѐ bene specificare che le protesi totali possono essere cementate. Queste sono utili nel caso in cui sia difficile attuare un’integrazione tra osso e componente protesica.
Infatti, la saldatura che si ottiene è talmente forte che, l’eventuale rimozione della protesi, diventa complessa. Tuttavia, è possibile fare ricorso anche ad un meccanismo a pressione (protesi non cementata), il cui stelo è caratterizzato da fori che consentono all’osso di crescervi all’interno. In questo caso la rimozione è piuttosto semplice. Esistono differenti modelli di protesi, per cui la scelta deve essere accurata. Di fatto, è bene tenere conto dell’età del paziente, del peso corporeo, di eventuali allergie e della patologia di base.
Ma quanto dura una protesi? Dare una risposta a questa domanda non è semplice, poiché molto dipende dal tipo di protesi scelta, dall’uso che ne fa il paziente e dall’osso su cui viene impiantata. Le meno durature sono le endoprotesi, mentre ad avere una durata eccellete sono quelle totali. Si parla, infatti, di tutta la vita. Per preservare il più possibile le protesi è possibile adottare alcuni accorgimenti, come non accavallare le gambe, tenere il peso sotto controllo, fare cyclette con il sellino sollevato ed utilizzare un gabinetto rialzato.